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La storia della ricerca nel santuario settentrionale di Poseidonia-Paestum

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La storia della ricerca nel santuario settentrionale di Poseidonia-Paestum

L’Athenaion è uno dei due principali santuari urbani dell’antica Poseidonia, situato nel settore settentrionale della città. Oggi come in antico, elemento distintivo dell’area sacra è il grande tempio dedicato alla dea Atena, edificio che l’erudizione settecentesca aveva invece attribuito alla divinità latina delle messi Cerere.

La maestosità e l’equilibrio formale di questo tempio tardo-arcaico (ca. 500 a.C.), frutto dell’armonica compenetrazione di elementi ionici in un linguaggio dorico ormai maturo, sono i tratti che hanno maggiormente suscitato l’ispirazione di viaggiatori, incisori e pittori nella fervida stagione del Grand Tour, e poi ancora nel corso dell’Ottocento. A tali suggestioni si legano quindi le prime, preziose raffigurazioni del tempio, che restituiscono un’immagine del santuario sensibilmente diversa da quella attuale. 

Fatta eccezione per alcuni interventi di ripulitura e restauro di epoca borbonica, per l’avvio di una vera e propria attività di ricerca nel santuario settentrionale si dovranno attendere gli anni Venti del Novecento. Fra il 1928 e il 1939, l’Athenaion fu oggetto di ben quattro campagne di scavo sotto la direzione dell’archeologo Amedeo Maiuri. Le ricerche interessarono le aree circostanti al tempio, con l’obbiettivo di indagare le strutture più recenti che si addossavano ad esso, nonché di intercettare la stipe votiva. 

Le indagini sui lati settentrionale ed orientale portarono alla luce i resti delle strutture tarde, delle quali fu realizzato uno schizzo; gli edifici sembrano riferirsi ad un complesso unitario, composto da una serie di vani di incerta funzione. Tali strutture testimoniano una continuità di vita all’interno del santuario anche in epoca tardoantica e altomedievale.

Nel lato meridionale del tempio lo scavo fu condotto in profondità, impiantando tre grandi trincee a partire dal basamento del tempio. L’indagine portò alla luce i labili resti di un tempietto, nonché una grande quantità e varietà di reperti, riferibili a tutte le fasi di frequentazione del santuario, dall’età arcaica all’epoca romana. In particolare, elementi architettonici arcaici, ceramica corinzia e attica, armi reali e miniaturistiche in bronzo e ferro, oltre a statuine in terracotta raffiguranti una divinità femminile. La dedica di armi e la frequenza dell’immagine della dea armata nel repertorio degli ex voto figurati consentirono di identificare Atena quale divinità titolare del culto; il ritrovamento di un frammento ceramico recante una iscrizione con dedica a Minerva, corrispettivo latino di Atena, certificò tale attribuzione, confermando inoltre la continuità del culto in età romana.

Dopo l’interruzione bellica, dalla fine degli anni Quaranta l’archeologo Pellegrino Claudio Sestieri promosse nuove attività all’interno del santuario di Atena, con il dichiarato intento di liberare il tempio dalle strutture che gli si addossavano. Nel giro di pochi anni quei resti furono del tutto smantellati, operazione che sortì l’effetto di cancellare le fasi più recenti della vita del santuario.

Nel corso di questi smantellamenti fu possibile recuperare alcuni elementi in origine appartenenti a strutture antiche, riadoperati nella costruzione degli edifici più recenti. Fra questi, in particolare, i rocchi di una colonna dorica arcaica, due capitelli ionici riferibili al pronao del tempio di Atena e due blocchi iscritti con dedica a Minerva e a Giove. La colonna fu ricomposta su una base situata a nord-est del tempio, ed interpretata dal Sestieri come monumento votivo isolato; ancora oggi, la colonna rappresenta uno dei tratti caratteristici del santuario di Atena. 

Quelli del Sestieri furono di fatto gli ultimi interventi di rilievo all’interno del santuario fino agli anni Duemila. La ripresa delle ricerche è giunta all’esito di uno studio sistematico dei documenti d’archivio e dei materiali relativi agli scavi precedenti.  

Due campagne di scavo promosse dall’Università degli Studi di Salerno nel biennio 2018-2019 hanno segnato l’inizio di una nuova stagione di ricerca all’interno dell’Athenaion. L’indagine ha potuto rintracciare le trincee degli anni Trenta, ricostruendo la sequenza stratigrafica ed intercettando lembi non intaccati dai precedenti scavi. 

I numerosi reperti rinvenuti hanno permesso di delineare in modo più chiaro la storia del santuario: alla fase più antica si riferisce l’ingente quantità di elementi architettonici appartenenti allo stesso sistema di quelli rinvenuti negli anni Trenta, materiale associato a ceramica corinzia e ad altri reperti databili al pieno VI sec. a.C. Dal livello più recente, invece, proviene una testa in arenaria forse riferibile alla decorazione del tempio esastilo, databile agli inizi del V sec. a.C. 

Sulla base di questi nuovi dati, è oggi possibile attribuire con maggior certezza le terrecotte architettoniche arcaiche ai resti del tempietto, distrutto probabilmente da un incendio sul finire del VI sec. a.C.

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